Una passeggiata in centro, un giro per i negozi. Il tempo per un aperitivo al bar, poi il ritorno a casa. Il pranzo, poi nulla di più, solo la ricerca di qualcosa da fare. Leggere il giornale, fare le parole crociate, abbandonarsi alla noia. Perché si sa, non c'è weekend senza il calcio, non c'è fine settimana senza i rossoblù.
C'è l'abbonato che ha il suo posto fisso allo stadio, c'è chi guarda la partita comodamente a casa sua rilassato in poltrona, c'è il tradizionalista che ama ascoltare il match alla radio. Ma tutti hanno il Cagliari, a cui non sanno rinunciare.
Poi c'è la Nazionale, che può anche interessare ed entusiasmare, perché in fondo siamo tutti italiani, ma non sarà mai la stessa cosa. Guardare l'Italia è diverso. Perché un conto è il Mondiale, un conto è l'Europeo, ma in tutte le altre occasioni gli azzurri si seguono più da spettatori che da tifosi, da semplici interessati. Con il Cagliari non sarà mai così, non sarà mai semplice interesse.
Chi ama questo club ha il sangue rossoblù, vede le proprie pulsazioni aumentare esponenzialmente ogni qualvolta i propri beniamini mettano piede in campo, aspetta per una settimana la domenica (o il sabato) per poter tifare. Né domani né dopodomani il Cagliari giocherà , per dare spazio alla Nazionale.
C'è chi approfitterà dell'occasione per fare altro, il vecchio tifoso andrà a trovare i nipotini a cui racconterà di Gigi Riva (o tempora, o mores!), il giornalista stakanovista avrà tempo per la sua famiglia, non mancando di spiegare al figlioletto chi sia Zeman, e pazienza se il bimbo avrà difficoltà a dire "Zdenek".
Il giovane andrà a bersi qualcosa con gli amici e discuterà di come il Cagliari possa salvarsi e qualcun altro starà a panciolle sul divano e sognerà di essere Francescoli.
Faremo altro, ma non staremo senza il rossoblù. Perché se hai quei colori dentro, non c'entra una sosta, non c'entra una partita. Non c'entra nemmeno una retrocessione. Se li hai dentro, non puoi stare senza.
