Al giorno d’oggi nel mondo del calcio spesso si parla degli attaccanti delle varie compagini semplicemente come sinonimo di gol e nulla più.
Realizzare una rete per molti viene spesso associato ai numeri e (quasi esclusivamente) alle classifiche marcatori, che permettono al centravanti (o comunque ad un giocatore offensivo) di avere lustro nelle competizioni ufficiali e magari di attirare gli interessi di altre squadre ben più quotate.
In realtà il concetto è molto più ampio di quanto si possa pensare. Nel caso del Cagliari di Rolando Maran, è chiaro come il protagonista che pone il punto esclamativo all’azione offensiva sia Leonardo Pavoletti.
Alle sue spalle, però, c’è un lavoro molto elaborato che spesso non viene messo del tutto in risalto. In questo tipo di circostanze, è fondamentale il compito della seconda punta (Sau) che, grazie ai suoi movimenti, attira a sé uno dei difensori centrali.
Quest'ultimo è costretto a uscire dalla sua posizione e consente, nel contempo, a un interno (Dessena e Barella erano i titolari dell’ultimo match) in tandem con un terzino (Srna e Padoin) di trovare spazi per poter colpire, inserendosi dalle retrovie e avendo così la possibilità di rendersi pericolosi.
Ovviamente, per far sì che tutto si svolga al meglio, i meccanismi tattici voluti dall’allenatore devono essere consolidati alla perfezione, in modo tale che aumenti il peso offensivo e l’imprevedibilità della formazione messa in campo.
Con questo modus operandi, il Cagliari può sicuramente togliersi delle soddisfazioni, senza però togliere gli occhi dall’obiettivo salvezza.