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Il canto a Tenore, il canto della natura che sostiene la voce del popolo

Da su zilleri ai palchi internazionali, dai pascoli primitivi al Patrimonio Immateriale dell’Unesco

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Conoscere un popolo significa anche entrare in contatto con la parte più profonda, ancestrale e intima della sua gente e, spesso, questo significa avvicinarsi a forme espressive quasi primitive e innate nell’uomo, come ad esempio la danza o il canto.

Il canto che diventa quindi linguaggio ed espressione del popolo, in tutte le sue forme e tutti i suoi colori, usato spesso come preghiera ma anche come moto di ribellione, come voce innamorata di un singolo ma anche come espressione corale.

Il canto come voce intima e discreta, ma allo stesso tempo potente e viscerale, che attraversa l’isola e ne pervade gli animi. Un canto che è patrimonio popolare, anzi più precisamente Patrimonio Immateriale dell’Unesco. Uncanto nato dalla cultura pastorale sarda e diventato grande nel mondo: il canto a Tenore.

Alcuni studiosi ritengono che il canto popolare sardo sia nato probabilmente in epoca preistorica come imitazione dei suoni della natura, suoni entrati nell’animo di antichi uomini lontani da casa, al seguito delle greggi, delle quali hanno imitato i suoni, come per comunicare con il mondo che li circondava, e con altri uomini come loro, lontani da casa e immersi nella solitudine di notti e giornate al pascolo. Ed ecco quindi su bassu ad imitare il muggito dei buoi, sa contra ad imitare il belato delle pecore, sa mesu oche ad imitare gli agnelli e sa boche a rappresentare l’uomo stesso, che domina la natura circostante.

SuTenore, nel caso del canto sardo, è un nome collettivo che indica l’insieme delle voci che lo compongono, un piccolo coro polifonico composto da quattro voci, quattro Boches e precisamente: su bassu (il basso)sa contra (il baritono)sa mesu oche (il contralto) e sa boche (il solista).

Il solita, in quanto guida del quartetto, recitando una poesia, generalmente estemporanea, scandisce il ritmo e dà la tonalità al canto mentre su bassu, la voce gutturale, emette suoni nonsense facendo vibrare contemporaneamente tutte le corde vocali e da questo si percepisce la bravura del cantore poiché le cosiddette “false corde” vibrano ad un’ottava di differenza.

Anche sa contra canta esprimendo tutte le corde vocali ma, a differenza de su bassu, i suoni gutturali vengono emessi avvicinando le corde vocali in un potente e ricco suono armonico, gutturale ma più potente, arricchendo il canto con un profondo accordo gutturale.

Infine, sa mesuboche, la voce addolcente del quartetto che smorza i suoni gutturali e profondi emessi da subassu e sa contra poiché ha il compito di completare il palco armonico e la polifonia del gruppo, apportando varietà e picchi sonori.

Quattro voci con ruoli distinti e autonomi seppur interconnessi che cantano in piedi, in circolo, guardandosi negli occhi: il canto solista dal testo poetico in sardo accompagnato da tre cantori i quali, con i loro accordi dai timbri gutturali e dal calore profondo, completano il canto con sillabe nonsense.

Il canto a tenore deve la maggior parte dei cantanti appartenere alla Barbagia, o comunque alla zona più centrale dell’isola e, sebbene molte esibizioni nascano spontanee in quelle che vengono conosciuti come Su Zilleri, oggi accostabili ai bar, per esprimere il proprio pensiero in merito agli avvenimenti locali, ai cambiamenti della società, ai fatti socio-politico-economici che pervadono gli animi della popolazione.

Sono infatti molteplici e di varia natura le occasioni che consentono al Tenore (nel senso sardo del termine) di esprimersi e che si tratti di “boghe seria”, “muttos” o “boghe e’ballu”, il quartetto parte dall’occasione per esprimere concetti, idee, auguri ogni volta in forme diverse.

Il tenore era infatti uno strumento privilegiato ma forte che i cantadores usavano per esprimere le proprie idee e opinioni, ma anche quelle del popolo di provenienza, e spesso tali espressioni avevano lo scopo di provare a raggiungere le orecchie giuste, che si trattasse di una innamorata o del signore o amministrazione di turno.

È quindi, il tenore, un momento chiave e centrale della cultura collettiva sarda anche se i suoni, così profondi e gutturali, la guida del solista e i contralti possano sembrare a volte incomprensibili all’ascoltatore meno avvezzo, una forma di rito espresso con le voci.

E sono anche notevoli le differenze tra cori provenienti dalle diverse zone dell’isola, sebbene alle orecchie dei profani i canti e le espressioni possano apparire se non uguali ma molto simili, nonostante timbrica e modalità di esecuzione siano tra loro differenti.

Molto famosi, ad esempio, tra i tanti del panorama sardo, i tenores di Orune, molto apprezzati per la ricchezza dei suoni e delle loro modulazioni, ma anche i tenoresdi Orgosolo, noti invece per la durezza dei suoni, crudi e profondi nella loro mono-tonia del canto, o al contrario i tenores di Fonni, apprezzati soprattutto per lo stile morbido e disteso, o ancora i tenores di Oniferi, dei quali è particolarmente apprezzato invece il grande estro espressivo e incisivo.

Impossibile inoltre non citare altri celeberrimi tenores come quelli di Bitti e Neoneli ai quali si deve oggi la grande popolarità del canto sardo grazie alle contaminazioni musicali derivanti dalla collaborazione con artisti di calibro internazionale.

Da non confondere con il canto a tenore, ma comunque accostabile e meritevole di un riconoscimento sono altri canti tradizionali sardi come il canto a canto a Cuncordu (dal latino cumcordum, con cuore, passione), o Canto a Cuntrattu (dal latino cumtractum, ossia con trasporto) ed anche Canto a Cuntzertu (dal latino cumsero, con intreccio)

In questi casi troviamo sempre una base musicale che parte da sonorità comunila quale si riflette sempre nelle voci individuali ma prendendo tuttavia le distanze dal canto a tenore grazie ad una maggiore varietà di combinazioni degli accordi, ed una diversa impostazione delle voci, con l’abbandono dei suoni gutturali.

 

Progetto promosso dalla Regione Sardegna, Assessorato al Turismo

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