Partecipa a Blog Cagliari Calcio 1920

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Il pane di Sardegna, quando frammentu, tradizione e fantasia donano vita

L’arte bianca, la cultura dei popoli che sfama e arricchisce la tavola

Condividi su:

Lo scrittore Ardengo Soffici sosteneva che “I due odori più buoni e più santi son quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia” ed effettivamente, tutti noi, al semplice pensiero dell’aroma del pane, riusciamo ad evocare immagini familiari e rassicuranti. 
Perché è innegabile che il pane fa casa, famiglia ma anzi, ancora di più, ha un valore quasi sacro, un alimento talmente prezioso che risulta connesso alla vita stessa.

Un alimento semplice, è vero, ma non si commetta l’errore di considerarlo banale o di valore povero; la cultura del pane, dell’arte bianca, ha ricoperto un ruolo fondamentale nella storia e per la vita dell’uomo, la cui produzione si tramanda nei secoli all’interno dei nuclei familiari, per mano quasi esclusivamente femminile, a prescindere dall’estrazione sociale.

Tutto inizia dal lievito madre, chiamato in sardo “su frammentu”, mescolato alla farina di grano duro, acqua e un pizzico di sale. Niente di più e di più semplice, ingredienti presenti in tutte le case ma dai quali nasce la vita, la magia della panificazione.
Occorre aggiungere la lavorazione eseguita dalle mani sapienti delle donne le quali, da una massa lievitata, ottenevano forme e fragranze differenti a seconda delle occasioni di consumo, delle esigenze della famiglia e della comunità, delle festività e delle ricorrenze.

La preparazione del pane è sempre stata una faccenda familiare poiché coinvolgeva le donne della casa, di qualunque età e ruolo, ma anche sociale in quanto fattore di aggregazione sociale, di vicinato.

La preparazione del pane è un lavoro assolutamente affascinante ma certamente faticoso, che comincia all’alba e andava avanti per buona parte della giornata, scandito principalmente in tre fasi: la preparazione della pasta, la realizzazione delle forme e infine la cottura.

Queste tre fasi erano seguite esclusivamente da donne ma non sempre le stesse poiché si cercava di sfruttare le abilità e l’esperienza specifica di ogni donna che collaborava durante la giornata, permettendo comunque a tutte di portare avanti anche altre attività giornaliere.

In occasione delle festività o di eventi familiari, come ad esempio i matrimoni, a queste fase si aggiungeva quella della decorazione del pane per la quale veniva richiesta una ulteriore abilità specifica nell’intaglio poiché sovente il pane diventava una “tavolozza” foriera di immagini sacre o beneauguranti.

Va precisato che non esiste un pane, o un’unica tipologia o forma di pane, questo perché ogni paese esprime la propria specifica cultura, anche attraverso la panificazione.

Ad esempio, infatti, nei territori del nord dell’isola vengono prodotti prevalentemente pani di forma circolare, sottili e flessibili come ad esempio la spianata, nella zona del Campidano invece si producono pani sempre di forma circolare, ma di pezzatura importante, decisamente grossa, come ad esempio il Civraxiu di Sanluri (il cui nome deriva dal latino cibarius), su pani mannu per eccellenza insieme a su Moddizzosu, pane sempre di pezzatura grossa ma decisamente più piccola, prodotto in prevalenza in occasione delle feste o la domenica.

Pani di pezzatura importante ma con alcune varianti molto note sono ad esempio sa loriga (l’anello) di Villaurbana ma anche su pane tundu del Logudoro.

Dai territori del Nord Sardegna, una menzione particolare va all’ottimo pane tipico di Bonorva, su Zichi, molto simile alla spianata classica che si conserva molto bene anche per diversi giorni che può essere consumato sia fresco, appena prodotto, oppure una volta ben secco, da spezzare grossolanamente e consumare cotto in brodo di carne oppure condito con un buon sugo di carne e insaporito dal pecorino grattugiato, in sostituzione della pasta, risultando inoltre particolarmente digeribile.

Tra i due mondi, quello del nord e quello del sud dell’isola, esiste una grande varietà di pani che assumono specificità proprie ma che si “ispirano” a caratteristiche più peculiari dei due mondi confinanti.

Eccoci, quindi, al celebre pane carasau della Barbagia, dischi sottilissimi di pane dalla forma circolare, cotti e tostati in forno che, quando morsi o spezzati, producono un suono “musicale”, tanto che spesso viene chiamato carta da musica.

La tostatura in forno, spesso insaporita con olio, sale e aromi, agevolava la prolungata conservazione così da poter accompagnare i pastori, lontani da casa per lunghi periodi al seguito delle greggi.

Questa tipologia di pane diventa la base di un piatto caldo altrettanto famoso, su pani frattau, sfoglie di carasau ammorbidito con il brodo di carne caldo, insaporito a strati con sugo di pomodoro e pecorino e infine un uovo in camicia. Che dire, corroborante e saporito!

Ancora su pistoccu, sfoglie di pane spesso e tostato, che riesce a mantenersi per questo motivo inalterato per mesi, e noto soprattutto per essere probabilmente il più antico della Sardegna, forse il prodotto più simile a quello preparato fin dai nuragici.

Infine, impossibile non dedicare un momento a su coccoi, in assoluto il pane pregiato delle feste, delle celebrazioni e delle ricorrenze, creato in innumerevoli forme e decorazioni a seconda dell’occasione: su coccoi de is sposus (in occasione dei matrimoni); su coccoi de pitzus (decorati con le punte); su coccoi pintau o su coccoi cun s’ou (dipinto o con l’uovo); ricordiamo poi il bellissimo coccoi de Santu Marcu di Bortigali, pane ricamato tanto finemente tanto da divenire un’opera d’arte, o ancora il celebre coccoi votivo asseminese.

Il pane, quindi, era presente su tutte le tavole, in tutte le occasioni e in tutte le famiglie, anche quelle meno abbienti; per tale ragione, infatti, si trovano pani prodotti con l’orzo,documentato fin da epoche remote ma meno diffuso rispetto a quello derivante dal grano, sia per le minori porzioni di terreno dedicate alla sua coltivazione, sia perché considerato qualitativamente inferiore rispetto al pane di grano, ed era generalmente dedicato ai servi e ai poveri.

 

Progetto promosso dalla Regione Sardegna, Assessorato al Turismo

Condividi su:

Seguici su Facebook