Partecipa a Blog Cagliari Calcio 1920

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Grazia Deledda, dalla patriarcale Nùoro al Nobel per la letteratura

Cultura patriarcale, colpa e destino i temi cari alla scrittrice amata da Verga, Lawrence e Biasi

Condividi su:

Ai piedi del Monte Ortobene e tra i colli di Biscollai, Tanca Manna e il Monte Gurtei, su un altopiano granitico si adagia Nùoro, capoluogo dell’omonima provincia che, con i suoi 554 metri sul livello del mare, è tra i sette capoluoghi di provincia più elevati d’Italia dopo Enna, Potenza, L’Aquila, Campobasso, Aosta e Caltanissetta.

Ed è questa cittadina che sarà la culla culturale di una donna che avrebbe lasciato una traccia indelebile nel panorama della cultura italiana, ma non solo.

Quinta di sette figli dell’avvocato e agiato imprenditore e possidente Giovanni Antonio Deledda e di Francesca Cambosu, Grazia Maria Cosima Damiana nasce il 28 settembre 1871 sebbene la stessa scrittrice, in talune occasioni metta in dubbio la data precisa, anticipandola al giorno precedente, festa di San Cosimo, che le avrebbe lasciato appunto in eredità tale nome, come spesso accadeva anche all’epoca.

La data riportata sull’atto dello stato civile, sostiene la scrittrice, deriverebbe dall’usanza di registrare la nascita dei bambini anche alcuni giorni dopo la venuta al mondo, che avveniva fra le mura domestiche.

Gratzia o Grassia, come veniva chiamata nella Nùoro del tempo, nacque in un contesto benestante ma, nonostante le possibilità economiche, come usanza del tempo, poté frequentare le scuole solo fino alla quarta elementare; venne poi educata dalla madre, donna conosciuta per la severità dei costumi, e seguita privatamente a casa dal professor Pietro Ganga, docente di lettere italiane, latino e greco, per poi proseguire la sua formazione da autodidatta.

Tuttavia, dalla formazione con il professor Ganga, rimase una profonda amicizia che fu per Grazia un importante stimolo alla conoscenza, anche per rispondere allo stimolo e all’istinto interiore che la spingeva alla scrittura.

Lo scrivere, per Grazia, era lo strumento utile per reagire e contrapporsi alla culture ristretta della Nùoro del tempo, una società patriarcale, contadino/pastorale e chiusa che proponeva alle donne dell’epoca un unico sbocco di vita, relegandole al destino di angelo del focale e madre.

La Deledda scelse di contrapporsi esponendosi da protagonista, portando avanti le istanze della società femminile che scalpitava e cambiava, aprendosi al desiderio delle donne di potersi realizzare sulla base delle proprie capacità e aspirazioni.

La scrittrice si assunse il compito ingrato di rendere evidente la contraddizione delle società nuorese, ma più in generale della cultura del tempo, stimolata anche dalla stima e dall’amicizia con lo scrittore sassarese Enrico Costa.

La cultura letteraria della Sardegna di fine Ottocento tentava, al pari di altre realtà periferiche rispetto al centralismo culturale europeo, di affermarsi alla stessa dignità e valore confrontandosi ad esempio con la grande letteratura irlandese o polacca o russa.

Ed è proprio a quest’ultima, ed in particolare all’opera di Tolstoj, che sono per la Deledda una fonte importante di ispirazione e di comparazione con la realtà isolana.

Verso la fine degli anni Ottanta, la scrittrice inizia a inviare alcuni racconti a riviste specializzate fuori dall’isola e, grazie anche al sostegno e all’approvazione di letterati del calibro di De Gubernatis e Bonghi, vedono la luce anche i primi romanzi e un saggio sulle tradizioni popolari della sua città natale.

“La via del male”, romanzo edito nel 1896, colpì favorevolmente Luigi Capuana che decise di scriverne anche la prefazione.

Pochi anni dopo, proprio sul finire del secolo, la Deledda si trasferisce a Cagliari dove conosce Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze, che nei primissimi giorni del nuovo secolo diventerà suo marito e con il quale si trasferisce a Roma, dove nasceranno anche i due figli della coppia, Franz e Sardus.

In pochi anni, il talento della scrittrice si afferma in maniera dirompente grazie alla pubblicazione di opere del calibro di Elias Portolu (1903) Cenere (1904), L'edera (1908), Sino al confine (1910), Colombi e sparvieri (1912), Canne al vento (1913), L'incendio nell'oliveto (1918), Il Dio dei venti (1922).

Queste opere ricevettero il plauso e l’approvazione di letterati del calibro di Giovanni Verga o Lawrence, e ispirarono a Giuseppe Biasi alla realizzazione di illustrazioni dedicate.

Tra i temi preferiti della scrittrice sarda quindi la cultura patriarcale della realtà sarda, fatta di ambientazioni, affetti profondi e selvaggi, amore e dolore; spicca subito dopo il tema del destino, inteso come esistenza umana in balia di forze superiori, metaforicamente rappresentata dalle canne al vento.

Altro tema caro alla scrittrice sarda abbraccia la sfera del dualismo bene/male, colpa e peccato, che portano l’uomo ad agire, tra destino e scelte personali, che lacerano l’anima e il cuore dei protagonisti delle pagine dei suoi romanzi. 

È sono queste tematiche che posero l’opera della Deledda nel cono di attenzione dell’Accademia di Oslo e che determinò l’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura nel 1926, “per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi”.

Oltre che la prima donna italiana a ricevere il Premio Nobel per la letteratura (seconda alla svedese Selma Lagerlof) fu anche la prima donna a candidarsi alle elezioni per la Camera dei deputati del Regno d’Italia nel 1909, per il collegio di Nuoro e se si ricorda che, in quegli anni il voto era precluso alle donne, si può intendere la potenza e il significato del gesto rivoluzionario compiuto dalla scrittrice sarda.

Come facile intuire, il gesto fu ampiamente criticato e bollato come provocatorio a favore del suffragio femminile, e le polemiche riempirono per giorni le colonne delle pagine dei giornali.

Alle urne, la Deledda ottenne 34 voti, dei quali 31 vennero subito contestati dalla commissione, e risultò eletto l’avvocato Are, ma solo a seguito della ripetizione dell’elezione.

Resta tuttavia, a prescindere dall’esito della consultazione, un primo ed importante segno, e ulteriore riconferma del pensiero e orientamento della scrittrice, verso l’apertura al voto delle donne.

 

Progetto promosso dalla Regione Sardegna, Assessorato al Turismo

Condividi su:

Seguici su Facebook