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Le domus de Janas, le piccole case fatate nella roccia di Sardegna

La nascita delle fate da uno sciame di scintille e la vita nelle cavità della terra

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Parlare di domus de Janas richiede fin da subito un doppio piano di approccio: il primo più strettamente connesso con gli aspetti archeologici e storici curati dagli studiosi in materia mentre il secondo è più attinente ai miti ed alle leggende tipiche della cultura sarda.

Ed è proprio da questo secondo aspetto che partiamo poiché le Janas, nella cultura sarda, hanno un ruolo molto antico e particolare. Fin da ere remotissime infatti, la Sardegna pullula di racconti e miti leggendari che si perdono nel tempo, e numerosi gli eroi giunti sull’isola, a partire Sardo, figlio di Ercole, o Aristeo, figlio di Apollo a cui di deve l’apicoltura e l’agricoltura, o ancora Norace, figlio di Hermes e fondatore di Nora.

Queste divinità tuttavia si radicano in un più ampio Pantheon di divinità preesistenti, e da una di queste hanno avuto origine le Janas, le piccole fate benevole che abitavano le Domus de Janas, intente al loro telaio magico, dispensatrici di aiuto e fortuna.

Si narra infatti che tanto tempo fa un dio annoiato si convinse che la felicità nascesse dal desiderare, ogni cosa e senza limitazioni. Questo dio sapeva che l’unico essere capace di sognare e desiderare costantemente era l’uomo, piccolo abitante del pianeta Terra.

Giunto sul pianeta tuttavia, il dio si rese conto che in realtà gli uomini sono troppo impegnati a combattersi tra loro per poter sognare e allora, deluso, cercò un posto sul pianeta dove potersi ritirare, sognare e desiderare in pace.

L’unico luogo ancora disabitato era un’isola la cui forma ricordava l’impronta di un piede. Una terra rude e selvaggia, fatta di rocce e cespugli, dove il dio scelse di abitarvi sotto sembianze umane, sfamandosi grazie al lavoro delle numerose api che lo seguivano ovunque. Mentre riposava, un’ape dispettosa gli ronzava intorno e il dio cercò di scacciarla con un gesto della mano dalla quale partì, involontario, uno sciame di scintille che generarono minuscole fatine, le Janas appunto.

E quando finalmente uomini e donne iniziano a popolare la Sardegna, le Janas scelgono di celarsi agli sguardi divenendo bellissime, piccole creature eteree, vestite spesso di rosso, con il capo coperto da un fazzoletto ricamato con preziosi fili d’oro. Creature misteriose che è impossibile vedere durante il giorno in quanto uscivano dalle loro case solo la notte.

E qui si innesta il piano archeologico delle Janas, quello delle loro minuscole case scavate nella roccia a partire dal Neolitico. Le loro domus si trovano sia isolate ma anche in grandi raggruppamenti, spesso collegate tra loro come dei veri e propri cimiteri sotterranei.

Secondo gli studiosi si diffusero inizialmente nella zona di Ozieri, e nella Gallura, dove prosperavano le genti denominate oggi come “le Genti di Ozieri”. Queste popolazioni erano dedite all’agricoltura, ed erano operose e pacifiche, adoravano il dio Sole e il Toro, come simbologia della forza e virilità maschile, e la Luna e la Madre Mediterranea invece come simboli di fertilità per il mondo femminile.

Oggi si trovano circa 3500 domus disseminate su tutto il territorio isolano, ma ci piace citare alcuni esempi particolarmente interessanti e degne certamente di visita, a partire dal Sant’Andrea Priu, vicino Bonorva, ma anche Angelu Ruju vicino ad Alghero, cittadina particolarmente fortunata grazie alla presenza anche del sito conosciuto come S’Incantu, ma anche il sito di Montessu a ridosso dell’abitato di Villaperuccio.

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