Albertosi, "Lo scudetto? Un'emozione indescrivibile, mi viene ancora la pelle d'oca"

Il portierone rossoblù racconta la gioia dello Scudeddo ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com

Davide Zedda
12/04/2016
Interviste
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E' stato uno dei grandi protagonisti del Cagliari dello scudetto. Appena 11 reti incassate nella magica stagione 1969/1970. Un record, che nessuno ha mai eguagliato nei campionati a 16 squadre. Parliamo del "gigante" Richy Albertosi, il portierone. Uno dei protagonisti di quella straordinaria affermazione sportiva e non solo.

"Io non sono un emotivo per natura - racconta Enrico Albertosi - per cui riuscii a reggere la tensione e l'emozione della vigilia. All'interno dello spogliatoio, invece, qualche mio compagno era visibilmente teso ed emozionato. I sacrifici e i sogni nostri e di tutto il popolo sardo in 90 minuti. Scendendo in campo avremmo vinto matematicamente lo scudetto, era la gara della vita per molti di noi".

L'atmosfera di quella incredibile gionata

"Una cosa indescrivibile, mi viene la pelle d'oca solo a ripensare a quei momenti. All'epoca giocavamo nel vecchio stadio, l'Amsicora, gremito come non mai. Al fischio finale una marea di persone invase il campo, alcuni in lacrime. Ci abbracciavano, ci baciavano. Molti volevano portare a casa un regalino e non contenti di averci preso i pantaloncini e le magliette alcuni provarono anche a strapparci le mutande. Da brividi. Anche io ero emozionatissimo, perché si trattava del primo scudetto e non ero abituato a quelle scene. Ricordo che ci portarono in trionfo. I festeggiamenti durarono tutta la serata. Un'impresa passata alla storia, il primo scudetto della Sardegna e penso che purtroppo resterà anche l'unico".

La grande festa

"La sera eravamo tutti su di giri. Dopo tanta tensione, emozione, con la paura che il sogno svanisse all'ultimo, ci lasciammo andare. Ricordo il casino che combinammo durante la cena al ristorante, penso che siano rimasti chiusi almeno due giorni per rimettere tutto a posto. Ci andammo pesante con gli alcolici e forse esagerammo un po' con le manifestazioni di felicità. Ma ne avevamo tutto il diritto. Rimane la gioia più grande della mia carriera, perché, ripeto, portare uno scudetto in Sardegna è un'impresa ai limiti dell'impossibile e aver dato una gioia così grande a quel popolo rende quel trionfo non paragonabile a qualsiasi altra vittoria". 

Lo scudetto poteva anche essere più di uno:

"L'unico rammarico è che quel grande Cagliari sia durato così poco. L'anno precedente a quello dello scudetto arrivammo secondi. L'anno successivo eravamo in testa al campionato dopo quattro giornate e avremmo potuto vincere di nuovo lo scudetto. Poi Riva si ruppe tibia e perone giocando con la Nazionale in Austria e da lì finì il mito del Cagliari".
 

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