Dormire è bello perché puoi sognare. Per qualche ora puoi essere quello che vuoi e nessuno potrà dirti che niente di tutto ciò sia vero. Una notte puoi essere Napoleone, quella dopo una rockstar e quella dopo un campione mondiale dei 100 metri. L’unica cosa che può davvero interrompere un sogno è un rumore, spesso la sveglia, altre volte un semplice brusco aumento di decibel. E allora apri gli occhi, realizzi che era tutto finto ma non ci stai. Cerchi di riprendere il sogno, richiudi gli occhi e ci riprovi. Invadi la Russia, lanci la chitarra o dai il cinque a Bolt. Ma fatto sta che non molli, non ti rassegni all’idea che il tuo sogno sia finito, continui ad inseguirlo.
Ed è qui che parte la storia di Daniele Dessena, capitano da quando quel numero 5 che tutti conoscono ha salutato il Sant’Elia, guerriero dalla nascita. Il 28 novembre 2015 i tacchetti di Coly hanno impattato contro la sua gamba: frattura di tibia e perone e stagione conclusa, in uno dei momenti più importanti della sua carriera, se non il più importante. Daniele non ha accettato che quella tibia e quel perone rotto fossero la sua sveglia, ha continuato a lottare e a riprendere il sogno.
Ieri, cinque mesi dopo il fattaccio, ha ripreso a correre. Certo, ancora siamo lontani dal pieno recupero, ma vederlo lì sul campo correre fa un certo effetto. E coincidenza vuole che abbia ripreso a galoppare proprio nella settimana del match contro il Brescia, quella squadra contro cui, un girone fa, giocò la partita più nera, la sua ultima fin’ora.
Ma ora Capitan Dessena sta tornando, ancora una volta col coltello tra i denti, ancora una volta pronto a ruggire. Dissero che non sia importante tanto quanto colpisci, ma come incassi, e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti.