Bipolarismo rossoblù: il Cagliari sulle tracce di dottor Jekyll e mister Hyde

Dalle belle prestazioni al Sant'Elia alla trasformazione in negativo lontano dalle mura amiche: cosa succede al Cagliari e quali possono essere le cause di questa involuzione?

Alexandra Atzori
19/10/2015
Approfondimenti
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Dice un proverbio: “Una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze fanno una prova”. Massimo Rastelli, intervistato venerdì durante la conferenza stampa pre gara, alla domanda riguardante il “mal di trasferta” dei rossoblù, ha risposto: “Col passare del tempo vedremo se ci saranno differenze tra gare in casa e in trasferta”.

Il Cagliari è appena tornato dalla quarta trasferta in campionato (la quinta della stagione, se consideriamo anche la Coppa Italia) e la “prova” del famoso proverbio è diventata una certezza: il Cagliari lontano dal Sant’Elia ha un rendimento decisamente mediocre rispetto alle prestazioni (e ai risultati) che sfoggia tra le mura amiche. Se in Sardegna, infatti, la banda Rastelli ha fatto bottino pieno, collezionando quattro vittorie su quattro (cinque, se consideriamo anche la Coppa Italia), segnando diciassette gol e subendone solo quattro, in trasferta la musica cambia: cinque gare, una vittoria, due pareggi e due sconfitte, cinque gol fatti e altrettanti subìti. Vediamo nel dettaglio:

A Trapani, in Coppa Italia, il Cagliari ha faticato enormemente per passare il turno, obiettivo centrato, tra l’altro, solo grazie alla girandola dei rigori (1-1 il risultato dopo i tempi supplementari).

A Terni, prima trasferta del campionato, i rossoblù, pur passando meritatamente in vantaggio, non sono riusciti a chiudere la gara, offrendo il fianco ai rossoverdi che hanno pareggiato all’ultimo minuto ma che, francamente, avrebbero meritato di farlo molto prima.

A Chiavari la sfortuna ci ha messo del suo (un gol preso al primo minuto non lo si può commentare in altra maniera) ma il Cagliari non è riuscito a prendere in mano il controllo della gara e solo due rigori e uno straordinario Farias gli hanno permesso di portarsi i tre punti a casa.

A Pescara, idem come sopra: i rossoblù non sono riusciti a controllare la gara dall’inizio e questo ha causato molto nervosismo nei giocatori (chiedere informazioni a Di Gennaro), acuitosi con il gol di Lapadula a cui, però, l’assalto confuso degli ultimi minuti non è riuscito a porre rimedio.

Infine, veniamo alla gara di sabato: al gol di Gonzalez i sardi non sono riusciti a rispondere con una prestazione ragionata e in grado di produrre delle buone opportunità per le punte. L’unico episodio che avrebbe potuto girare a favore dei rossoblù è stato quello di Cerri sul finire di gara ma, francamente, per essere la “Juve della serie B” tutto questo è un po’ poco.

Perché il Cagliari subisce questa trasformazione stile dottor Jeckill e mister Hyde nel rendimento tra casa e trasferta? Le risposte potrebbero essere due:

1- Troppa sicurezza: questa probabilmente è colpa dell’intero ambiente che circonda i rossoblù. Già da prima che iniziasse il campionato stampa e tv hanno iniziato a parlare di “Cagliari di passaggio in B”, “Juventus della B”, c’è addirittura chi l’ha definito un “abusivo della B”. In pratica si è investita la squadra di un titolo che ancora non aveva mostrato di meritare, presentando la promozione in A come una pura formalità.

Ora, è vero che stiamo parlando di una squadra con un organico superiore al resto di tutte le altre compagini della serie cadetta, ma è anche vero che non sempre i nomi “altisonanti” portano punti. Altrimenti, a quest’ora, il Carpi starebbe ancora giocando in Lega Pro.

Il fatto che tv e stampa abbiano "gasato" così tanto l’ambiente, può aver portato i giocatori a scendere in campo con troppa sicurezza nei propri mezzi e troppa fiducia nei “big” della squadra, facendoli confidare nel fatto che, prima o poi, la prodezza del singolo arriverà e risolverà la gara; non a caso chiunque, all’interno della società, quando interpellato, fa il pompiere e ripete all’infinito che questa serie B bisogna sudarsela! E i fatti lo stanno dimostrando. 

2- Troppi cambi di formazione: la difesa non è mai stata la stessa, nessuno dei quattro difensori ha mai giocato tutte e cinque le partite (consideriamo anche la gara di Coppa Italia) e Marco Capuano risulta essere il giocatore più utilizzato (quattro volte).

A centrocampo il trio Dessena-Di Gennaro-Deiola è stato il più utilizzato (tre volte su cinque) ma, anche qui, mister Rastelli ha fatto diversi esperimenti nel corso delle settimane, talvolta sostituendo Fossati a Di Gennaro e Joao Pedro a Deiola. Il capitano rossoblù è l’unico ad aver disputato tutte e cinque le gare.

Infine, l’attacco: l’unico punto fermo è Melchiorri, che ha giocato quattro gare su cinque e, accanto a lui, se il partner è cambiato più volte è dipeso solamente dai problemi fisici di Sau (ma, ne siamo tutti consapevoli, in condizioni normali i titolari sarebbero loro due). Il trequartista è variabile: a volte Farias, altre Joao Pedro, a seconda della lettura della gara da parte di Rastelli.

Aggiungiamo un terzo punto: i tifosi. Può darsi che i giocatori, lontano dal calore del Sant'Elia, perdano concentrazione e determinazione? Può essere ma, considerato che stiamo parlando di professionisti, non è un'ipotesi verosimile.

Per quanto riguarda il punto 1, probabilmente i giocatori hanno già capito che anche la Juventus, per risalire in serie A, ha dovuto giocare tutte le partite.

Per il punto 2, nel Cagliari solo quattro ruoli sono definiti, cioè quelli di Storari, Dessena, Melchiorri e Sau. Rimangono da definire in modo chiaro gli altri sette, altrimenti il rischio di vedere sempre più mister Hyde e sempre meno il dottor Jekyll è dietro l'angolo. 


 

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