Cagliari, riparti da dietro

Se l’attacco latita, la difesa non è da meno

Marco Castoni
08/04/2015
Approfondimenti
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Chi ha assistito all’ultima sconfitta del Cagliari allo stadio o di fronte agli schermi domestici, non avrà fatto a meno di notare come dopo il goal di Klose la squadra rossoblù si sia sciolta come neve al sole.

Non è la prima volta, ma dopo una rete subita coloro che sono in campo sembrano domandarsi disorientati: eh adesso? L’atteggiamento poco comunicativo in panchina dell’allenatore sembra non aiutare, ma è evidente come le reazioni siano estemporanee e legate ad una voglia di rivalsa che si affida ai nervi e poco al gioco. Come anche i muri sanno, l’arrivo di Zeman doveva garantire marcature in quantità industriale, al di là degli interpreti; infatti il boemo nel corso della sua carriera è riuscito nell’impresa di far trovare con continuità la via della rete a diversi giocatori che poi si sono persi dopo la sua gestione.

La fase difensiva, quella a cui deve partecipare tutta la squadra (partendo dagli attaccanti) e non la sola difesa, fa eufemisticamente acqua, come dimostrano i numeri che collocano la difesa isolana tra le peggiori d’Europa, mentre l’attacco non riesce a sopperire nemmeno lontanamente alle solite carenze della retroguardia.

Un Brkic in flessione, a tratti altalenante, un continuo susseguirsi di interpreti nel quartetto difensivo, non fa altro che aumentare le difficoltà di una squadra che è riuscita a mantenere la rete inviolata solo due volte nelle trasferte di Parma e Empoli.

Persino il gioco sulle fasce, indispensabile per la buona riuscita degli schemi zemaniani, latita. Una squadra più compatta e con una filosofia che concepisca il concetto di difendere prima ancora che attaccare, sarebbe l’ennesimo e disperato tentativo di dare una svolta ad un’annata troppo brutta per essere vera.

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