Cagliari, aria di rivoluzione: ci sarà tempo e pazienza?

Tra attese, aspettative, criticità e aria di cambiamento: uno sguardo completo in casa rossoblù in vista della prossima stagione

Mario Siddi
09/08/2020
Approfondimenti
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A pochi giorni dall'annuncio di Di Francesco come nuovo allenatore del Cagliari, i temi da analizzare sono tanti ed intrecciati. Come ogni rivoluzione tecnica che si rispetti, anche quella in casa rossoblu comincia a produrre tra i tifosi e non solo, attese e aspettative verso il futuro.

Le domande di rito, come sempre in questi casi, sono tante. Come ad esempio, se la mano tattica del nuovo mister inciderà rispetto al passato, se il nuovo progetto tecnico prenderà corpo con successo, o se la nuova guida in panchina resterà una gestione, o si trasformerà in un ciclo duraturo spalmato in più stagioni. Due concetti questi, assolutamente diversi.

Il tutto, in un clima generale di voglia di cambiamento e programmi ambiziosi che, nel calcio contemporaneo, non sempre si sposano con i tempi necessari per poterli mettere in atto o con la pazienza delle piazze. Risultati “pronti-via” fin dalla prima giornata, sono spesso infatti la cifra miope dei tifosi, che però stride con percorsi da costruire nel tempo.

Il rischio, in virtù della rivoluzione di Di Francesco, è di trovare a settembre (per forza di cose) una squadra che ancora non abbia “digerito” in ogni reparto il nuovo modulo di gioco. O addirittura che giocatori adattati a coprire nuove posizioni, non rendano da subito come ci si aspetti, o che il mix tra giovani e senatori non riesca esplosivo fin dalle prime uscite.

Criticità concrete queste, ma da mettere in conto. Ogni cambiamento tecnico (e questo è il caso), ha bisogno di tempo e pazienza. Il primo funzionale alla squadra per interpretare al meglio l'idea di calcio dell'allenatore, la seconda come aspetto ambientale che trasmetta non troppa pressione ad un gruppo in cerca di identità.

Come la scorsa stagione insegna infatti, un buon inizio non esclude un calo in corsa (caso Cagliari), e un principio a fatica non pregiudica una crescita di risultati (caso Milan), giusto per citare due esempi.

Si tratta accettare che i giudizi non siano figli del contingente, ma tappe di un cammino tecnico e mentale verso una visione di ampio raggio, se di progetto si vuol parlare.

Viceversa, se ogni gara sarà da subito un banco di prova, la “miopia” che spesso i risultati non positivi provocano, porterà malumori e incertezze di un tifo ancorato a guardare ad un palmo dal proprio naso.

Ovvero nel non accettare ciò che spesso a parole si invoca (il progetto), salvo poi in modo facilone mettere tutto in discussione alle prime sconfitte, e dover correggere in corsa ogni stagione, per poi da zero ripartire. Con un anno in più, gli stessi difetti, ed un mister all'altezza del blasone societario.

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