Il giornalista Luca Telese ha raccontato in un'intervista a La Gazzetta dello Sport lo scudetto del Cagliari del 1970, a pochi giorni dal suo 50° anniversario.
Ecco le sue dichiarazioni:
"Cosa significa lo scudetto per il Cagliari? È una magnifica storia italiana, forse l'ultima sulla scia del boom economico, nel '70 già finito. A dicembre del' 69 c'era stata la strage di piazza Fontana, una frattura decisiva. Il Cagliari del 1970 rappresenta forse il colpo di coda del secondo dopoguerra, di un'Italia che nel fare non si poneva problemi. Faceva e basta.
La squadra? Una magnifica sporca dozzina, una formazione western, allevata in cattività da Manlio Scopigno. L'allenatore se li era andati a cercare uno per uno i suoi pirati, li voleva arrabbiati. Molti erano scarti di grandi club, per esempio Nené ex della Juve, Albertosi ex della Fiorentina, Bobo Gori ex dell'Inter. Tanti avevano alle spalle anni di drammi o di miserie.
Quello spogliatoio era un blocco unico e lo dimostra il fatto che nel dopo si sono sempre aiutati gli uni con gli altri, come insegna una vicenda di Nené, caduto in povertà e assistito fino all'ultimo dai vecchi compagni. In quel calcio non si guadagnavano somme enormi, il premio scudetto fu di 17 milioni di lire. Qualcuno ci comprò un paio di appartamenti o una tabaccheria. Era gente che sapeva tenere la giusta distanza dalla vanagloria.
Quando qualche sconosciuto entrava nel bar di Mancin e chiedeva chi fosse quel calciatore nelle foto appese al muro, lui rispondeva: "Mio fratello".