Era la domenica più attesa dell’anno. Quella che avrebbe consegnato all’Italia un nuovo Governo, quella di milioni di italiani chiamati alle urne. Quella che era tutto, e in fondo era un bel niente.
Perché ad un tratto tutto si ferma. Il mondo si blocca, la rotazione si arresta, le urla dei politici si placano, il sangue si raggela nelle vene. Tutto per un cuore che si ferma, senza una ragione, senza un perché, senza una spiegazione logica che ci dica perché serva una tragedia così grande per capire quanto piccoli e impotenti siamo.
Davide Astori non c’è più. Davide non c’è più ed è tanto, troppo difficile accettarlo.
Era arrivato a Cagliari ventunenne, con gli occhi infuocati e brillanti, con una bocca mai deformata da parole pronunciate a sproposito, ma solo dalla ruga del sorriso che lo ha sempre accompagnato, forse perché capiva la fortuna che la vita gli aveva regalato. Se n’è andato nello stesso silenzio con cui era diventato grande, con quel passo in punta di piedi che lo aveva portato sino alla Nazionale.
Oggi la vita ti ha tolto tutto ciò che ti aveva dato e ti ha consegnato al mondo dei ricordi, della lucida memoria, delle pagine che hai scritto e che niente, nemmeno un bastardo arresto cardiocircolatorio, potrà mai strappare.
Domani la vita continuerà. L’Italia avrà un nuovo governo, il sole tornerà a splendere e arriverà la primavera. Tutto però sarà rallentato, ancorato ai giorni che non torneranno ma che nessuno potrà mai dimenticare.
E mentre il mondo tornerà a camminare, e il sangue tornerà a fluire nelle vene, Davide sarà ancora lì, tra noi, a stoppare ogni momento in cui penseremo di esser sfortunati per la briciola non raccolta, a fermare ogni momento in cui chiederemo di più nel non avuto tra l’avere, a bloccare ogni istante in cui l’effimero proverà a prendersi il necessario.
Lo farà col petto, poi uscirà a testa alta in disimpegno e farà ripartire l’azione.
Sempre con noi. Sempre. Sempre. Sempre. Ciao Davide.