Vietato prendersi in giro. Il tempo degli occhi socchiusi è finito o deve finire, è tempo di guardare in faccia la realtà e ripartire dalle inconfutabili, dure ma necessarie verità.
Tanto per cominciare, il Cagliari rischia di retrocedere. I cinque punti che dividono i sardi dal terzultimo posto sono un cuscinetto per nulla comodo, Spal e Verona stanno dimostrando di avere ancora cartucce da sparare e se le giocheranno tutte da qui a maggio. La sensazione che si respira è che la squadra sarda stia usando le marce basse proprio ora che servirebbe l’allungo. Le piccole, intanto, hanno fatto partire la volata, e il pericolo di restare esclusi dal gruppone è concreto.
Punto due, Lopez doesn’t do it better. Per chi odia gli inglesismi, Lopez non lo fa meglio. L’allenatore, of course. Già, perché se pareva facile trovare miglioramenti nel Cagliari a tinte uruguayane rispetto a quello di Rastelli, oggi lo è molto meno. I sardi non escono mai in pressing palla al piede, e l’unica soluzione per ribaltare il campo sembra essere diventata il lancio lungo a scavalcare il centrocampo. L’alibi dell’assenza di Cigarini (seppur esistente) non può bastare. Nelle poche volte in cui la sfera è stata arpionata dal Pavoletti di turno i sardi si son resi anche pericolosi, ma il fatto è che il filtro tra i palloni scaraventati e quelli raccolti è la ditta Koulibaly-Albiol, che ha consegnato al Cagliari versione football americano una percentuale di riuscita del touchdown vicina allo zero.
Terza dolorosa verità. Cossu è un ex giocatore. Inutile girarci intorno, inutile provare a mentire in nome di un amore che non sa e non può finire. A quasi trentotto anni il fantasista cagliaritano è l’ombra del folletto che aveva incantato l’Europa anni fa. Il fatto è che gli anni passano, e oggi quattro undicesimi della formazione del Cagliari erano alle scuole elementari quando lui faceva l’esordio in rossoblù. È il tempo che scorre e che, purtroppo, bisogna accettare. Oggi il suo ingresso in campo, al posto del diciott’anni più giovane Han (migliore in campo) è stato accompagnato da una bordata di fischi (non tanto a lui, quanto alla sostituzione in sé). Lui è entrato col magone, ha toccato qualche pallone col piede di un tempo ma con un quarto della rapidità dei giorni migliori e poi è affondato insieme con la barca. Quant’è bella giovinezza.
Punto quattro. Il Napoli non ha mai temuto di andare sotto. Il Cagliari ci ha provato, cercando di buttarla sul chi ruba la bandierina per primo. Così facendo ha finito solo per fare il gioco dei partenopei, che hanno fatto sfogare i sardi, illudendoli di poter fare la partita, per poi punire alla prima sbavatura (seppur grossolana). Buttarsi all’assalto è divertente e dimostra coraggio, ma il calcio è un’altra cosa e non lo si può ridurre al puro e semplice gioco del “chi ha meno paura”.
Temere questa squadra sarebbe stato salutare, attenderla con umiltà forse sarebbe stato più produttivo, sicuramente meno umiliante. Chi ha coraggio affronta la paura, non racconta di non averne.