Non era facile. In casa, con due categorie di vantaggio. Davvero non era per niente semplice perdere questa partita. Sembra un po' come il bambino che pur di farsi notare dalla bambina per cui ha preso una cotta le tira la coda: il Cagliari ovviamente non aveva la Coppa Italia tra i suoi obiettivi stagionali, era solo un sogno, solo un modo per provare a scrivere la storia. L'ha scritta.
L'ha scritta facendosi sbattere fuori da undici calciatori poco più che in gita scolastica, l'ha scritta venendo presa a pallate dal Pordenone, una squadra con uno stadio da tremila seggiolini, che non è mai stata nemmeno in B e che appena tre anni fa veniva salvata da un ripescaggio dalla retrocessione in D. Oggi la storia dei neroverdi si colora meritatamente di un nuovo, meraviglioso, capitolo. I ragazzi di Mister Colucci si sono guadagnati San Siro, dove affronteranno l'Inter in un fantascientifico ottavo di finale. Assente ingiustificato il Cagliari, che paga una disarmante sufficienza, un'arroganza disgustosa che non poteva che sfociare nella disfatta più clamorosa della storia di questo club.
L'emblema di questa debacle, duole dirlo, ha la maglia numero 17. Farias aveva e ha i colpi per ridicolizzare la difesa del Pordenone, ma per 90' si specchia, si piace da morire, ma a gasarsi per le sue giocate resta solo lui. Perché lo spettacolo dei giocolieri al circo è bello ma non per un'ora, e se non arriva il prestigio finale non solo il pubblico non applaude, ma il giocoliere finisce pure tra le fauci del leone.
Chi avrebbe potuto incidere, seppur in campo per soli 45', era Joao Pedro. Il Napoli ha messo gli occhi su di lui da tempo, per il bene del Cagliari speriamo solo abbiano guardato la partita di ieri.
L'ha guardata, e nulla di più Giannetti. Non si capisce più cosa stia succedendo a quel decisivo killer dell'anno della B, in grado di mettere la firma su ogni gara giocata. Oggi Nicolò è l'ombra di quel giocatore. Inutile sparare su Melchiorri, ancora visibilmente fuori forma, e triste farlo su Cossu. È uguale sputato a qualche anno fa, le movenze son le stesse e il piede è sempre quello: il problema è che Andrea fa esattamente le stesse cose ma a velocità decimata. Un rallenty non richiesto.
Chi poteva mettersi in luce e non l'ha fatto è stato Miangue, sbranato da tale Formiconi, mica Daniel Alves.
Questa sfida serva da lezione, per tornare ad essere umili, a lavorare e capire che anche Burrai può essere Iniesta per un pomeriggio. Basta avere fame.