“Sta facendo l'annata migliore della sua carriera, ma se vogliamo aprire un ciclo non dobbiamo battere il Liechtenstein, ma creare i presupposti per una nazionale”.
Con queste parole Giampiero Ventura ha chiuso il sottile spiraglio che avrebbe potuto consentire a Marco Borriello di fare ritorno in azzurro. Era il 9 febbraio 2011 quando l’attaccante disputava l’ultima partita in Nazionale, nell’amichevole pareggiata 1-1 contro la Germania.
Da quel momento il buon Marco ci ha sperato, fino in fondo. Ha creduto di poter riprendere quel treno dal quale era sceso troppo frettolosamente. E, diciamola tutta, avrebbe meritato maggiore considerazione. Fosse pure per uno stage. Perché, alla soglia dei 35 anni, segnare 14 reti in 29 match di campionato, più 4 in una sola gara in Coppa Italia, non è da tutti.
E allora se il presupposto è sbagliato non può che far rima con l’età, quella che scorre inesorabilmente, e che diviene un impedimento.
Eppure Marcello Lippi, per esempio, in occasione dei Mondiali del 2006 (poi vinti) convocò Filippo Inzaghi, non un attaccante qualunque, che a quasi 33 anni siglò anche un gol, ma fu soprattutto fondamentale per fare “spogliatoio”. Proprio il compito che potrebbe spettare a Borriello, il quale, ne siamo certi, avrebbe ancora tanto da dimostrare e, perché no, diverrebbe un esempio per i più giovani. Sì, proprio coloro i quali fanno parte del “ciclo” tanto chiacchierato da Ventura: se si intende approdare in un mondiale i pilastri, non solo in difesa, servono, eccome.